CLUBHOUSE APP
È trascorso un anno dal lancio di Clubhoouse, piattaforma social vocale. Come sta andando? ClubHouse App sta perdendo la voce?
Rumors e attese si sono protratte per mesi e mesi prima del lancio “pubblico”, che poi così open non è stato per via del sistema d’iscrizioni su invito, che ha fatto accrescere curiosità e voglia di farne parte.
Il sistema d’iscrizione su invito è ancora attivo e l’app disponibile solo su iPhone; la versione Android deve ancora essere rilasciata.
Con il tempo la struttura non è cambiata, al suo interno ci sono stanze tematiche nelle quali i partecipanti possono interagire solo con la voce, senza immagini ne commenti.
Gli inizi sono stati esplosivi, forte interesse per la novità, accesso esclusivo, partecipanti VIP, come Mark Zuckerberg, Drake, Ashton Kutcher or Virgil Abloh.
Una forte promozione grazie ad influencer che sui social hanno forte potere comunicativo. Come non ricordare l’intervento di Elon Musk che ha fatto segnare un picco di download.
Ad oggi l’azienda viene stimata oltre i 4 miliardi e l’app è stata scaricata su 8 milioni di iPhone.
Forze e caratteristiche
Clubhouse App sfrutta la condizione di saturazione dei social media mainstream, nei quali farsi notare richiede uno sforzo in creatività e investimento in advertising. Così grandi aziende hanno investono tempo e denaro per testare la novità del 2020, come ha fatto la moda.
Non è facile adattarsi ad una nuova piattaforma, almeno all’inizio e Clubhouse ha aggiunto una difficoltà in più, essendo basata su messaggi vocali in real-time non ripetibili e senza supporto visivo. Quindi l’uso implica un ascolto attento, una condivisione e interazione coi contenuti molto più elaborata di un bottone per mettere un like. In altre parole Clubhouse implica un concetto reale e organico di community, un rapporto intimo fra gli utenti.
Qual è stato l’approccio dei brand e del pubblico? e in che condizione socio-economica è avvenuto?
La premessa è doverosa, la pandemia di Covid-19 è avvenuta in una condizione in cui siamo tutti connessi e dotati di smartphone. Obblighi e restrizioni hanno facilitato l’approccio a nuovi sistemi e al cambiamento, forse temporaneo, delle abitudini di consumo e nell’uso dei social network.
Psicologi e sociologi hanno studiato l’approccio a Clubhouse App, trovando corrispondenza tra la forte espansione e il venir meno di una socialità che il covid non ha permesso di manifestare, la voce ci ha tenuti assieme.
Nasce quindi il dubbio se il social sta rispondendo ad un bisogno legato alla mera contingenza, oppure interpreta una necessità di lungo periodo.
Moltissimi brand e multinazionali dei settori più disparati hanno cercato di cavalcare l’onda della novità, facendo scattare sull’attenti le proprie agenzie di comunicazione per scovare tecniche e produrre contenuti per coinvolgere e “trattenere” il pubblico. Alcuni casi:
- Consorzio Parmigiano Reggiano è stato ospite nella stanza di “I persuasori occulti”. Il talk ha avuto come focus la percezione degli utenti e la racconta di spunti per il nuovo spot da 30 secondi
- Peroni ha lanciato un talk nel giorno di San Valentino per raccogliere dichiarazioni d’amore
- Ikea Italia, che ha creato più stanze tematiche, aperte in vari momenti della giornata con ospiti legati a quell’ambiente, es. Gnambox nell’orario di pranzo.
Cosa possono fare i brand
Come per tutti i social “Content is the king”, verbale o musicale che sia, deve per forza andare al di là dal linguaggio un po’ esausto dei comunicati stampa e costruire una cultura intorno al brand che ne rispecchi i valori. Il secondo step è costruire, studiare e coltivare la fanbase giusta, per trovare un segmento di consumatori che possieda la volontà di ascoltare, che si riconosca nei valori del brand, oltre che ai suoi prodotti. Si parla
infatti di accrescere micro-communitiy che forniscono ai brand feedback e opinioni. Nella moda si è affermato molto, soprattutto nelle community che commentano presentazioni di nuove collezione, mode e prodotti.
Quali sono previsioni future?
Siamo realmente così pronti per i social in real-time?
Alcuni sociologi notano un’inversione del comportamento, mentre prima i pubblicitari lavoravano per catturare l’attenzione anche per pochi secondi, Clubhouse di fatto prova ad espandere il tempo di consumo digitale, tanto da trasformarlo in un impegno costante “occorre metterci la testa e provare a interagire, coinvolgere”.
Il futuro di clubhouse viene descritto con prospettive diametralmente opposte.
Chi prevede un futuro positivo vede di buon occhio il numero chiuso che si traduce in efficacia. Chi lavora sulla brand awarness vuole intercettare un numero più ampio di utenti, ma con obiettivi più espliciti come le conversioni, allora il numero chiuso aiuta perché protegge e moltiplica l’efficacia.
Chi invece ha un pensiero negativo, interpreta la curva discendente d’interesse misurata negli Analitycs, come dimostrazione di un ritorno ai social nativi da parte degli influencer che stanno abbandonando.
C’è da dire che Clubhouse richiede una quantità di tempo impossibile, se non connessi in quel preciso istante si perdono i contenuti. Le stanze non prevedono, e forse non lo permetteranno mai di poter essere registrate.
Chi vede nero, ritiene l’esclusività una debolezza. Di fatto questa viene applicata veramente creando “il club dei miliardari” oppure, per ora, questa esclusività legata al sistema operativo è soltanto un limite.
Inoltre essendo tutto live, chi modera i contenuti?